La medicina nucleare è quella branca della medicina che utilizza sostanze radioattive (radionuclidi e radiofarmaci) a scopo diagnostico e terapeutico.
Il primo radiofarmaco utilizzato nello studio della patologia tiroidea mediante scintigrafia è stato lo Iodio 131. Oggi questo isotopo dello iodio non è più utilizzato nella diagnostica scintigrafica della patologia benigna per via delle sue caratteristiche dosimetriche sfavorevoli (dovute all'emissione di particelle beta oltre ai fotoni gamma), mentre mantiene un ruolo fondamentale nella terapia radiometabolica dell'ipertiroidismo e nella terapia e follow-up del carcinoma tiroideo differenziato. Un isotopo dell'iodio emittente solo fotoni gamma, utilizzabile in clinica, è lo Iodio-123; il suo impiego, tuttavia, è molto limitato a causa del costo.
Il radioisotopo più utilizzato è il tecnezio-99m (in soluzione salina sotto forma di pertecnetato di sodio).
Questo anione presenta carica elettrica uguale allo ioduro (I-) e massa molecolare molto simile; motivo per cui viene captato anch'esso dalle cellule tiroidee. Il pertecnetato è molto poco costoso (ogni centro di medicina nucleare può produrne in quantità grazie ad un generatore Molibdeno-Tecnezio), presenta unicamente emissione di fotoni gamma con energia di 140 KeV ed ha un'emivita di circa 6 ore, compatibile con la durata degli esami ma comunque abbastanza breve da consentire una limitata irradiazione del paziente e della popolazione.
La scintigrafia tiroidea fornisce informazioni molto importanti sulla funzionalità della ghiandola consentendo di valutare, in presenza di ipertiroidismo subclinico o conclamato, il grado di autonomia funzionale della ghiandola e se questo sia da riferire ad un adenoma tossico “di Plummer” (singolo o multiplo – Fig. 6) o alla presenza di una diffusa attivazione funzionale come nel caso della malattia di Basedow-Graves (nota anche coma malattia di Flaiani-Basedow – Fig. 7).
Lo studio scintigrafico può essere utile anche in presenza di gozzo multinodulare in assenza di ipertiroidismo per identificare quei noduli a maggior rischio di malignità (noduli “freddi” – Fig.8) da sottoporre ad esame citologico mediante agoaspirato ecoguidato con ago sottile (FNA).
Immagini per gentile concessione della U.O.C. di Medicina Nucleare – FTGM, Pisa